Si sprecano molte energie quando si applicano soluzioni inadatte al problema oggettivo che abbiamo di fronte. La causa reale di un problema è oggettiva e normalmente è assai difficile da mettere a fuoco. Spesso, le implicazioni personali e soggettive inconsapevolmente ci bloccano, ci sviano o ci spaventano. E allora diventa più facile trovare una soluzione “illusoria”, che non raggiunge il cuore della questione. A questo punto, se tutto va bene, succede che si migliora un aspetto secondario ma non il problema vero e principale. Si cercherà quindi di cambiare qualcos’altro, che non sarà comunque la soluzione definitiva. A volte si determineranno delle compensazioni che porteranno ad altri errori. Si perderà così tempo prezioso, verranno sprecate risorse e si genereranno attriti, discussioni e incomprensioni. Tutto ciò non farà che peggiorare le cose…

Sarebbe molto più facile fermarsi e cercare di capire come si fa a individuare il punto focale (PF), cioè il “centro” della questione. Soltanto dopo ha senso muoversi, applicando le tattiche e le strategie più appropriate.

E’ diventato di moda svolgere attività outdoor finalizzate a migliorare le “prestazioni” in azienda: dal team building, al problem solving, dal controllo e la gestione dell’ansia e dello stress, allo sviluppo della leadership o dell’intelligenza emotiva. In realtà tali attività difficilmente danno risultati buoni e duraturi perché, anche se si riesce a creare intesa e buona empatia durante le esperienze sportive, quando si torna alle attività aziendali, i problemi sono altri e non coincidono con quelli vissuti outdoor. Non si può raggiungere una vera unione in un team senza l’empatia che deriva da una visione comune, con finalità d’intenti che derivano dalla consapevolezza di aver individuato il PF. Qualsiasi attività, per essere efficace, deve lavorare con precisione sulle stesse dinamiche presenti in azienda, in modo da poter creare collegamenti e approfondimenti specifici, rendendo “vivo” e concreto il lavoro svolto.